Descrizione
CHIESA DI SAN TEONISTO E COMPAGNI MARTIRI
La Chiesa di San Teonisto e Compagni Martiri di Casier affonda le proprie radici in un’origine molto antica; essa, infatti, eredita il nome dall’omonimo monastero di San Teonisto, già citato in un documento del 710, guadagnando quindi il primato di complesso monastico più antico del trevigiano.
L’edificio che possiamo ammirare oggi, tuttavia, venne edificato per la prima volta nel 1753, partendo dalla ricostruzione della vecchia cappella, ormai in rovina, dell’antico monastero. Abbiamo anche una data esatta: infatti la prima pietra venne posata il 5 settembre 1753, come testimonia una lapide murata all’interno della sacrestia.
Cinque anni dopo, nel 1758, si procederà alla costruzione del campanile a forma di torre, ma sarà solo nel 1896 che si procederà a cambiare la cupola con quella a base ottagonale che conosciamo oggi.
La nostra chiesa non è solo architettura, ma custodisce anche un tesoro artistico degno di nota. L’opera più prestigiosa è la “Pala dei Titolari SS. Teonisto, Tabra e Tabrata”, capolavoro del pittore trevigiano Bartolomeo Orioli; il dipinto è un autentico gioiello non solo per quanto riguarda l’arte trevigiana, ma va ad occupare a tutto diritto un gradino importante all’interno dell’arte veneta. Per poter ammirare la pala, una volta entrati, basta guardare di fronte alla porta laterale destra.
La consacrazione avvenne l’8 novembre del 1900 ad opera dell’allora Vescovo di Treviso, Giuseppe Apollonio.
However, the building we can admire today was first established in 1753, starting from the reconstruction of the old ruined chapel of the ancient monastery. We also have a precise date: in fact, the first stone was laid on 5th September 1753, as witnessed by a stele in the sacristy.
Five years later, in 1758, the clock tower was built but it will be only in 1896 that the dome will be changed with the octagonal based one we know today.
Our church is not just architecture, but it preserves an important artistic treasure. The most prestigious work is the “Pala dei Titolari SS. Teonisto, Tabra e Tabrata”, an altarpiece masterpiece of the Treviso artist Bartolomeo Orioli; the painting is an authentic jewel not just for the art of Treviso, but it occupies an important place in the field of the Venetian art. To admire the altarpiece, once entered, you just have to look in front of the right side door.
Giuseppe Apollonio, Bishop of Treviso, consecrated the church on 8th November 1900.
CHIESA DI SAN VIGILIO
La comunità religiosa di Dosson ha origini molto antiche: essa risale infatti all’XI secolo, in cui vennero fondati sia la chiesa che il monastero, sotto la giurisdizione dell’Abbazia di Nervesa. I documenti storici riguardanti la vita del monastero dossonese sono pochi e confusi, e riguardano spesso obblighi finanziari. Per esempio, in una nota del 1297, si legge che il monastero di Dosson versò regolarmente le decime spettanti alla Chiesa di Roma.
Nel secolo XV, la vita monastica di Dosson sembra spegnersi: infatti, dopo la fioritura dei monasteri tra l’XI ed il XIII secolo, andava ormai esaurendosi la capacità d’iniziativa nel risollevamento della lavorazione della terra e della bonifica dei territori rimasti abbandonati dopo le invasioni ungare; andava inoltre esaurendosi la stimolazione spirituale e sociale nella fondazione di parrocchie e di paesi. Di conseguenza, gli edifici parrocchiali vennero sempre più trascurati, man mano che la missione pastorale del priore di Dosson, ormai solo nel monastero, andava affievolendosi.
Fu nel XVI secolo, ed in particolare nel 1545, che la chiesa di San Vigilio venne ricostruita, ponendovi al suo interno anche una fonte battesimale, nel 1570. Nel 1555 si rese necessario riedificare il campanile ex novo, a causa di un crollo avvenuto nel mezzo secolo precedente, nonostante fosse stato precedentemente edificato da zero proprio agli inizi dello stesso secolo XVI.
Tra gli inizi del ‘600 e la fine del ‘700, la chiesa fu oggetto di diversi lavori di restauro: memorabili furono quelli avvenuti nel 1720, poiché si parla di “chiesa nuova”, anche nel resoconto della Visita pastorale a Dosson del Vescovo A. Zacco il 14 luglio 1726. Infatti, nel XVIII secolo, si ricavarono le quattro cappelline laterali chiudendo parzialmente le finestre a mezzaluna; fu ampliato il presbiterio e costruito il soffitto sulla preesistente capriata in legno. Tuttavia, la chiesa verrà consacrata dal Vescovo Giuseppe Apollonio solo un secolo più tardi, il 6 ottobre 1887.
Va inoltre aperta una parentesi molto importante sulle opere artistiche degne di nota che si trovano all’interno della chiesa: nel 1981 sono state riportate alla luce le pitture a tempera del bellunese Gerolamo Moech (1792 – 1857) raffiguranti le seguenti scene bibliche: il Figliol Prodigo, la Strage degli Innocenti, la Risurrezione di Gesù Cristo e Santa Maria Maddalena penitente. Il soffitto è dipinto a fresco e rappresenta la gloria di San Vigilio.
L’altar maggiore venne fatto collocare nel 1834 l’arciprete Andrea Vendrame, rimovendo il Crocifisso appoggiato su diversi massi di roccia, che doveva rappresentare il Calvario. Tale Crocifisso figurava sull’altare maggiore fin dal 1700, dono del padre del parroco di allora, Don Angelo, il quale l’aveva acquistato come prezioso cimelio proveniente dall’isola di Creta, durante il periodo di dominazione veneta.
Tuttavia, l’opera di maggior pregio contenuta all’interno della chiesa è sicuramente la Pala di Francesco Bissolo, la quale raffigura San Vigilio, Vescovo di Trento, seduto sul trono e benedicente il popolo; alla sua sinistra è presente San Benedetto, che sostiene con la mano destra lo scettro proprio dell’Abate mentre, con la sinistra, presenta al popolo un corale aperto, in cui è segnata l’innografia cristiana. Alla destra del santo patrono si può notare San Eustachio, protettore dei conti di Collalto e dell’Abbazia di Nervesa, il quale è ritratto con in mano la lunga spada del cavaliere, mentre ai suoi piedi è accovacciato il cervo con la croce simbolica che egli vide prima della sua conversione al Cristianesimo. La Madonna con il Bambino sovrasta l’intera scena, contornata da nubi e schiere di Cherubini.
In the 15th century, the monastic life in Dosson seems to cease: in fact, after the flourishing of the monastery between the 11th and the 13th century, the ability to cultivate and to claim the lands abandoned after the Hungarian invasions was vanishing. Moreover, the spiritual and social interest in the foundation of cities and local churches was vanishing. As a consequence, religious buildings were abandoned as the pastoral mission of the priest, now acting just in the monastery of Dosson, was diminishing.
In the 16th century, in particular in 1545, that the church of San Vigilio was built, the baptism was located inside in 1570. In 1555 it was necessary to rebuild the bell tower, due to a downfall, even if it was built at the beginning of the same 16th century.
Between the beginning of 1600 and the end of 1700, the church was restored several times: it is worth to remember the one made in 1720, since we talk about a 2new church”, as in the pastoral report of bishop A. Zacco’s visit on 14th July 1726. In fact, in the 18th century, they created the four lateral small chapels partially closing the windows; they enlarged the presbytery and built the roof on the pre-existing wooden arch. However, the bishop Giuseppe Apollonio will consecrate the church a century later, the 6th October 1887.
It is very important to mention the artistic works we can find inside the church: in 1981 the tempera paintings of Gerolamo Moech (1792 – 1857) from Belluno were found; they represent various biblical scenes, among which Jesus Christ resurrection, Santa Maria Maddalena and many others. The ceiling is painted with the fresco technique and represents San Vigilio’s glory.
The main altar was placed in 1834 by the priest Andrea Vendrame, removing the Cross that was installed on some rocs, representing the Calvary. This Cross could be seen on the main altar since 1700, it was a gift from the father of the priest of that time, Don Angelo, who had bought it as a precious relic from the isle of Crete, during a period of venetian domination.
However, the most important work of art we can admire in the church is surely the altarpiece by Francesco Bissolo, which portraits San Vigilio, bishop of Trento, blessing people, sitting on a throne; on his left we can see San Benedetto, who keeps in his right hand the sceptre of the abbot while, with his left hand, he presents an open Corale to the people, in which Christian hymns are written. On the right of the patron saint we can notice San Eustachio, protector of the counts of Collalto and the Nervesa Abbey, who is depicted with a long chevalier sword in his hand, while at his feed the dear with the symbolic cross he saw before his conversion to Christianity is sat. The Madonna con il Bambino dominates the entire scene, surrounded by clouds and cherubs.
VILLA DE REALI
Foto by FotoClubCasier - Villa de Reali
Dopo la scomparsa del Cav. De Reali, le proprietà passarono nelle mani del figlio Antonio, il quale viene ricordato come uno dei più illustri cittadini di Dosson: egli infatti donò, il 3 giugno 1877, la palazzina ove attualmente si trovano i servizi socio culturali, al Comune di Casier; investì nell’istruzione elementare e professionale, fondando scuole per giovani agricoltori e proseguì nella canalizzazione e nelle bonifiche dei nostri territori e di quelli dell’Altino. Nella seconda metà dell’Ottocento, Antonio de Reali iniziò la costruzione della villa come la conosciamo oggi: ne curò il giardino all’inglese, creando un parco curato, ricco di biodiversità floreale e di ottimo gusto estetico; nei decenni successivi ampliò la struttura con le barchesse, le scuderie, le abitazioni per il personale inserviente, i granai, le cantine, una ghiacciaia ed alcuni pozzi; creò al suo interno un museo con reperti storici romani reperiti dagli scavi e dalle bonifiche effettuate nei propri possedimenti dell’Altino; arricchì le stanze con stucchi veneziani e gli stemmi dei de Reali. La villa era talmente prestigiosa che tanti furono gli ospiti illustri: venne visitata, infatti, dal Principe Umberto di Savoia, dal Duca d’Aosta, Gabriele D’Annunzio, Re Giorgio di Grecia e tanti altri, come ci riferisce lo storico Giuseppe Mazzotti.
Alla morte di Antonio de Reali, le proprietà della famiglia passarono all’ultimogenito Giuseppe, il quale divenne poi sindaco e podestà del comune di Casier.
Durante gli ultimi mesi della Prima Guerra Mondiale, la villa divenne la sede dell’ospedale 331 del Regio Esercito Italiano, in cui venivano curati i soldati feriti o vittime dell’epidemia da influenza “spagnola”; ed è proprio qui che il 9 dicembre 1918 un ancora convalescente Ernest Hemingway venne per incontrare la sua fiamma di allora, l’infermiera Agnes von Kurowsky. Di quella visita si ricordano un Hemingway impeccabile nella sua divisa di foggia inglese, decorata con la Medaglia d’Argento di Fossalta e la Croce di Guerra di Schio.
After the passing of chevalier De Reali, the properties handed down to the son Antonio, who is remembered as one of the most distinguished citizens of Dosson: in fact, he donated the building that now is house of the social-cultural services of the city. Furthermore, he invested in the elementary and professional education, founding schools for young agriculturists and he continued the canalization and claiming of our territories and the one of Altino. In the second half of the 1800, Antonio de Reali began the construction of the villa as we know it today: he created the English garden, a well-kept park, rich in floral biodiversity and with an excellent esthetical taste. In the following decades he enlarged its structure with barchesse, stables, employees’ houses, barns, cellars, an icehouse and some wells; he created inside the villa a museum with roman artefacts he found during the claiming of his lands in Altino. He decorated the rooms with venetian stuccoes and the emblem of the family. The villa was so prestigious that many distinguished personalities were hosted there: it was visited, indeed, by the prince Umberto di Savoia, by the duke d’Aosta, Gabriele D’Annunzio, King Giorgio of Greece and many others, as referred by the historian Giuseppe Mazzotti.
After the death of Antonio the Reali, the properties of the family were inherited by the youngest child Giuseppe, who became later major of Casier.
During the last months of World War I, the villa hosted the army hospital 331 del Regio Esercito Italiano, in which blessed soldiers or victim of the “Spanish” influenza were cured; here the 9th December 1918 Ernest Hemingway, still recovering, met the nurse Agnes von Kurowsky, his lover at that time. On that visit we remember an impeccable Hemingway in his English uniform, decorated with medals, the Medaglia d’Argento di Fossalta and the Croce di Guerra di Schio.
VILLA TOSO
La storia del nucleo familiare parte con Angelo Toso, il quale diventò proprietario di quanto esisteva nel territorio tra la Roggia ed il Sile, acquisendo il tutto dalla vedova di un generale austriaco.
Nel 1916, Angelo Gino Toso, figlio del già citato Angelo Toso e proprietario della Società Anonima Molini “Angelo Toso”, comperò un caseggiato ed alcuni campi confinanti alla propria villa per crearne un orfanotrofio, dove avrebbe in seguito ospitato bambini e bambine fino all’età di 12 anni, per poter dare rifugio agli orfani di guerra del Primo Conflitto Mondiale. Tuttavia, dopo la disfatta di Caporetto, l’orfanotrofio venne requisito ed occupato dalle truppe in ritirata, le quali adibirono la struttura a lazzaretto.
Occorre qui aprire una parentesi di rilevante spessore storico e letterario: l’8 luglio del 1918, lo scrittore americano Ernest Hemingway venne ferito gravemente durante una battaglia a Fossalta di Piave, venendo trasportato d’urgenza in un ospedale militare delle retrovie, che si confermerà essere l’Ospedale da Guerra della Repubblica di San Marino, situato proprio all’interno di Villa Toso. Della presenza dello scrittore vi sono diverse testimonianze: dalla sua stessa opera “Addio alle Armi”, in cui dice di essere stato trattato con particolare attenzione perché americano, ad un cartoncino ritrovato tra gli effetti personali di Hemingway custoditi presso l’Università di Princeton N.3
Terminata la Prima Guerra Mondiale, Angelo Toso si rivolse all’Opera Nazionale per l’Assistenza Civile e Religiosa agli Orfani dei Morti in Guerra, affidandole la gestione della struttura e contribuendo con denaro, terreni ed animali. La struttura rientrò in piena funzione nel 1920.
Dopo un momento di dissesto finanziario, risolto da Antonietta Delfino, moglie di Angelo Toso, l’orfanotrofio ospitò soprattutto ragazze povere e sole: all’inizio del 1935 ve ne risiedevano 18, mentre nel maggio dello stesso anno il numero era già salito a trenta. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale, dopo un ampliamento della struttura, le bambine ospitate erano salite a cento.
The story of this family begins with Angelo Toso, who became the owner of an area located among the Roggia and the Sile, purchasing it by an Austrian general widow.
In 1916, Angelo Gino Toso, Angelo Toso’s son and owner of the Società Anonima Molini “Angelo Toso”, bought a building and some fields near his villa in order to create an orphanage, where he hosted children until they turned 12, to host children who became orphan during World War I. However, after the “disfatta di Caporetto”, the orphanage was taken and occupied by the retreat army, who turned the building in a lazaretto.
It now important to discuss some relevant historical and cultural issues: the 8th July 1918 the American writer Ernest Hemingway was heavily blessed during a battle in Fossalta di Piave, he was therefore moved to a military hospital, we know for sure it was the l’Ospedale da Guerra della Repubblica di San Marino, located in villa Toso. We have several testimonies of the writer’s presence: from his own work “Goodbye Arms”, in which he tells has was treated with particular care because he was American, to a card found in Hemingway’s personal belongings, now kept in Princeton University N.3.
At the end of World War I, Angelo Toso gave the orphanage to an association (l’Assistenza Civile e Religiosa agli Orfani dei Morti in Guerra) that managed it, in return Toso gave money, field and animals. The orphanage was active again in 1920.
After a moment of economic difficulties, solved by Toso’s wife Antonietta Delfino, the orphanage hosted mostly poor and abandoned girls: at the beginning of 1935 it hosted 18 girls, while in the month of May of the same year the number rose up to thirty. At the beginning of World War II, after the building was enlarged, it hosted one hundred girls.
VILLA CONTARINI NENZI
La loro villa di Dosson è in stile settecentesco veneziano, avente ai due lati due adiacenze prive di portico; è arricchita da scuderie, barchesse, un parco, un giardino ben curato, un belvedere, due pozzi, due fontane e molte statue che decorano il parco. All’interno, le stanze sono impreziosite da mobili originali del Settecento, stucchi, bassorilievi in terracotta e marmo, sei quadri della Scuola del Bassano, e delle vedute di Venezia del Corrà; inoltre vi si possono trovare anche molte ceramiche, vasi, ottoni veneziani, e diversi oggetti antichi. Nella villa è anche presente un Oratorio con stucchi, altare marmoreo e pala raffiguranti la Madonna e S. Domenico; tale edificio era talmente riccamente decorato e pregiato da venire nominato da diverse visite vescovili, tra cui quella del 1792 del Vescovo Marini, il quale lodò lo zelo dei proprietari e la cura per gli ambienti.
Negli ultimi anni del ‘700, la Villa venne acquistata dal veneziano Guizzetti, il quale diede anche il nome alla via sulla quale si affaccia l’edificio.
Nella seconda metà dell’Ottocento, invece, la villa fu oggetto di diversi passaggi di proprietà: all’inizio venne acquistata dagli Antonini, poi dai Dalla Rovere per diventare, infine, di proprietà della famiglia Nenzi all’inizio del Novecento.
Nel 1954, dopo la scomparsa dell’ultimo membro della famiglia Nenzi, l’edificio venne ceduto all’Istituto “S. Maria della Pietà” di Venezia, che lo adibì a collegio orfanotrofio fino agli anni ’70.
Their villa in Dosson is in XXVIII Venetian style, flanked by two building without a porch; it has also stables, barchesse, a park, a well-kept garden, two wells, two fountains and many statues decorating the park. Inside, the rooms are adorned with original XXVIII furniture, stuccoes, clay and marble bas-relief, six paintings by Scuola del Bassano, and some landscapes of Venice by Corrà; furthermore, we can find many ceramics, vases, venetian brass and several ancient objects. In the villa we can also find an Oratory with stuccoes, a marble altar and altarpiece portraying the Madonna and S. Domenico; this building was so richly and finely decorated that was cited by many bishops who visited it, for example the one made by Bishop Marini in 1792, who praised the owners for their zeal and the care for the rooms.
In the last years of the XXVIII century, the villa has been purchased by different noble families: first, it was bought by the Antonioni, then by Dalla Rovere to become, eventually, a property of the Nenzi family at the beginning of the XX century.
VILLA BARBARO E L’ORATORIO DI SANTA MARIA DELLA CONCEZIONE
Nel corso della Prima Guerra Mondiale, la villa divenne sede della III Grande Armata ed ospitò anche il Duca D’Aosta; nel secondo conflitto mondiale, invece, l’edificio venne occupato da diversi comandi stranieri, i quali la rovinarono in modo evidente, tanto da rendere necessario un profondo ed intenso restauro.
Dell’antica villa, oggi rimane la bellezza e la testimonianza del suo oratorio intitolato a S. Maria della Concezione, di cui si fa risalire l’origine ai primi del Cinquecento: si iniziò a celebrarvi la messa sin dai primi decenni del 1700.
L’oratorio custodisce un patrimonio artistico da non trascurare: sul soffitto è presente un olio su tela raffigurante la Madonna con la Trinità adorata dai Santi Gaetano, Giuseppe, Antonio e Francesco di Paola; tale opera è attribuita a Gaspare Diziani ed è databile tra il 1710 ed il 1717. Sull’altare maggiore è collocato un gruppo marmoreo firmato da Pietro Baratta e datato intorno al 1707.
Altre opere impreziosiscono il piccolo edificio: sulle pareti rimane una Via Crucis, in calcografia, opera del Galimberti di Venezia e rappresentante i lavori del Tiepolo; sull’altare in marmo di Carrara s’innalza il gruppo marmoreo rappresentante la Sacra Famiglia, sempre riconosciuto un’opera d’arte e lavoro dello scultore veneziano Pietro Baratta: la Vergine è seduta su uno scranno, ricco di un fregio rappresentante un tappeto scolpito sul marmo, denotando un lavoro di finissima esecuzione da parte dell’artista. Maria sostiene Gesù Bambino, stringendoselo al fianco sinistro; il Bambino si regge al braccio destro di S. Giuseppe, mentre quest’ultimo sta ritto in piedi tenendo le braccia incrociate e stringendo al petto la verga fiorita.
During World War I, the villa became the base of the III Grande Armata and hosted even the duke D’Aosta; during the second world conflict, however, the construction was occupied by several foreign armies, which heavily ruined it, so that a deep and intensive restauration was needed.
Today, of the ancient villa remains the beauty and the testimony of the oratory named after S. Maria della Concezione, which origins date back to the beginning of the 1500: they celebrated the mass since the first decades of the 1700.
The oratory has an important artistic patrimony: on the ceiling we can admire a grease painting portraying the Madonna con la Trinità adorata dai Santi Gaetano, Giuseppe, Antonio e Francesco di Paola; the paternity of this work is given to Gaspare Diziani and can be dated between 1710 and 1717. On the main altar stands a marble statue -or group – by Pietro Baratta dated 1707 ca.
Other works decorate the small building: on the walls remains a Via Crucis by Galimbert of Venice and representative of Tiepolo’s works; on the Carrara marble altar is set the group representing the Sacred Family, work of art by the venetian sculptor Pietro Baratta: the Virgin is sitting on a chair, richly decorated with a carpet sculpt in the marble, demonstrating the great ability of the artist. Mary holds child Jesus, on her left; the Child hangs on Saint Joseph’s arm, who is standing and holding a flowered branch.